Nell’ambito del ciclo “I nodi dello sviluppo scorsoio” a Padova, il 7 ottobre 2017 abbiamo visitato la Torre Gregotti all’Arcella con gli accompagnatori Sergio Lironi e Ernesto Milanesi. Qui riportiamo il testo scritto da Ernesto Milanesi, giornalista, che ha ricostruisce la vicenda di quel progetto urbanistico.
La “democrazia referendaria” nella città delle gru e degli struzzi
di Ernesto Milanesi
Avvertenza preliminare
Dopo il caso di scuola della Catalogna indipendentista e prima della consultazione “autonomista” in Veneto e Lombardia, appare quanto mai delicato il terreno del referendum come espressione diretta della volontà popolare e insieme strumento principe che vincola la decisione politica. È ormai un fatto conclamato l’uso squisitamente sovranista anche della consultazione referendaria, mentre troppo spesso (in particolare, nell’Italia della “Prima Repubblica”) il verdetto dei cittadini rischia di restare lettera morta. Dunque, senza farsi suggestionare dall’attualità – o, peggio, dalle scorciatoie sull’idea di consenso che “legittima” ben altro – ci si limita qui a ricostruire la cronaca di un ben preciso referendum più che locale e ad offrire lo scenario dentro cui si inscrive questa eccezionale vicenda.
Il “caso Arcella”
Padova nella sua storia amministrativa recente ha archiviato un solo referendum consultivo cittadino: 13 novembre 2000 sul progetto di tram. Votò il 29% degli elettori, quando lo Statuto comunale richiedeva la maggioranza degli aventi diritto. Di conseguenza, fu invalidato. Per la cronaca il tram nella versione di Ivo Rossi aveva ottenuto il 62% dei voti favorevoli, mentre quella messa a punto dalla giunta di Giustina Destro era stata bocciata dal 60%.
Al contrario, il referendum di quartiere del 18 maggio 2006 sul maxi- progetto delle “Torri Gregotti” nel cuore dell’Arcella ne provocò, di fatto, la bocciatura urbanistica e amministrativa. Con il 25,75% dei partecipanti nelle sette sedi elettorali aperte dalle 8 alle 20 l’esito fu inequivocabile: 75% di No.
Sfoglia l’inchiesta in pdf
Foto Mara Scampoli