Pubblichiamo l’intervento di Gianni Belloni, direttore del Cidv – Centro di documentazione e d’inchiesta sulla criminalità organizzata in Veneto, sul rapporto tra mafie e crisi economica causata dalla pandemia da Covid-19.
Pensiamo che anche questa crisi, come altre, possa enfatizzare alcune dinamiche già presenti nel sistema sociale ed economico e questa caratteristica riguardi anche il ruolo della criminalità organizzata nell’economia legale, dal momento che, come sappiamo, i mafiosi non vivono in un mondo separato e le loro attività economiche si svolgono all’interno del mercato e del capitalismo contemporaneo. L’economia criminale è strettamente intrecciata a quella legale e ne condivide, con modalità caratteristiche, i cambiamenti, gli aggiustamenti e le svolte.
Sappiamo, come hanno anche ricordato in queste settimane autorevoli commentatori, che situazioni di crisi come questa possono essere favorevoli per le mafie, soprattutto quando si presentano le opportunità per valorizzare le loro “competenze” e mettere a frutto i capitali di cui dispongono. Pensiamo possa essere utile declinare questo possibile scenario nel contesto veneto prendendo spunto dalle evidenze empiriche emerse. Riteniamo utile questa operazione perché, a nostro avviso, le particolarità del contesto rimangono decisive nell’identificare il profilo dell’operatività mafiosa.
Per questo avanziamo questa serie di considerazioni:
- Sulla base delle analogie con la recente crisi finanziaria mondiale del 2008 possiamo supporre che gli interessi dei gruppi mafiosi si rivolgano verso le imprese attive nei comparti tradizionali della produzione e non particolarmente innovative, soprattutto verso quelle di dimensioni ridotte e maggiormente esposte alla concorrenza, o attive in settori che hanno accusato di più i contraccolpi della recessione, come ad esempio, il turismo o la ristorazione. Sappiamo che nel caso della crisi globale del 2008 molti imprenditori sono stati tentati da «scorciatoie» e «vie basse», soprattutto quelli che si percepiscono «a fine corsa», rendendosi disponibili a partnership con gruppi mafiosi, come testimoniano numerose vicende giudiziarie degli ultimi anni. Sarebbe dunque importante in questa fase un rinnovato impegno della finanziaria regionale Veneto Sviluppo nell’accompagnamento e nel sostegno delle imprese nei progetti di riconversione e riqualificazione delle strategie economiche per incoraggiare le imprese all’aggiornamento tecnologico.
- Parlando di organizzazioni criminali spesso corriamo il rischio di farle apparire protagoniste assolute lasciando in penombra le relazioni con altri soggetti, in primis i professionisti, che rendono possibile l’organizzazione di business a cui le organizzazioni criminali partecipano. Ma, come ci confidano gli investigatori: “senza l’apporto dei professionisti, i mafiosi brancolerebbero nel buio”. Il loro ruolo è fondamentale, lo abbiamo visto in diverse inchieste anche qui in Veneto, nel gestire i rapporti con il mondo del credito, delle assicurazioni, nel supporto all’internazionalizzazione delle attività e all’intermediazione di manodopera, nella consulenza alla progettazione funzionale ai finanziamenti dell’Unione europea. Se allarghiamo il fascio di luce ci accorgiamo che nelle strategie criminali non ci sono protagonisti assoluti, ma, riprendendo le analisi di Rocco Sciarrone, piuttosto reti in cui ciascun soggetto connesso mette a disposizione le proprie competenze. Anche nei confronti di chi proviene dal mondo delle professioni e concorre a business criminali occorrerebbe affinare strumenti adeguati. Utile da questo punto di vista sarebbe implementare e dare gambe, da parte della Regione, al protocollo d’intesa sottoscritto con i Collegi e gli Ordini professionali.
- Il ruolo di ammortizzatore sociale delle organizzazioni criminali riguarda in questo territorio in particolare l’attività di intermediazione lavorativa che coinvolge le fasce più vulnerabili dal punto di vista dei diritti e cioè i migranti. Abbiamo visto, in particolare nel veronese, ma non solo, come personaggi legati ad organizzazioni criminali abbiano in questi anni agito sul fronte delle false regolarizzazioni per avviare cittadini immigrati ad un lavoro in loco o, attraverso il dispositivo del “distacco di manodopera”, l’invio di lavoratori all’estero. Oggi ci possiamo aspettare l’ampliamento del già consistente bacino di working poor non in grado di reclamare diritti e in condizione di ricattabilità. Per questo servirà approntare misure straordinarie di sostegno dei lavoratori e un rilancio consistente del welfare regionale, ridefinendo obiettivi strategici e priorità alla luce della crisi in corso e attuando linee d’intervento che integrino le diverse politiche (ambiente, casa, mobilità, inserimento lavorativo, scuola e servizi educativi, sicurezza e coesione sociale) in accordo con gli Enti locali.
- Quello che si va prospettando è un nuovo ruolo della finanza pubblica, straordinariamente impegnata nel sostegno alle attività economiche. Sappiamo che tra i settori a rischio ci sono quelli «protetti», ossia legati a forme di regolazione pubblica. Sono questi gli ambiti in cui i mafiosi riescono a mettere meglio a frutto le loro risorse e competenze, ricavando vantaggi dalla capacità di inserirsi nei meccanismi di intermediazione che connettono mercato, politica e pubblica amministrazione. ll rischio è che le mafie attacchino l’anello più debole della struttura amministrativa e cioè i Comuni. Sarebbe importante che la Regione e le Prefetture mettessero in campo le loro strutture per aiutare gli Enti locali nelle procedure in particolare al fine di implementare la trasparenza qualificare le stazioni appaltanti.
D’altronde la storia non è già scritta, le mafie non sono tutte uguali e soprattutto non sono invincibili. Le mafie appartengono a questo mondo e vengono, in diversa misura, colpite anch’esse dalle crisi economiche. L’abbiamo visto con il crollo dell’edilizia, anche qui in Veneto, quando alcuni gruppi criminali hanno dovuto abbandonare il settore e diversificare le attività. Non tutti i gruppi mafiosi sono ricchi, non tutti accedono al traffico globale delle sostanze stupefacenti (tra i quali molti dei gruppi insediati in Veneto), non tutti hanno le risorse relazionali e di competenze per agire ed evolversi in un mercato in trasformazione. Come hanno ben ricordato Vittorio Mete e Luciano Brancaccio in un loro recente intervento, “il fronte da scrutare con attenzione è dunque articolato: non solo quello che divide legale e illegale, ma anche quello, altrettanto frastagliato e non meno conflittuale, che separa tra loro i gruppi criminali”.
E, soprattutto non è detto che un nuovo ruolo regolatorio dello Stato nell’economia debba per forza rafforzare clientele, rendite parassitarie ed economie criminali. Potrebbe aprirsi l’opportunità per prosciugare l’acqua in cui i “pesci” mafiosi nuotano, qualificando l’economia e combattendo le diseguaglianze.
Sarebbe auspicabile che la Regione desse corpo alle importanti enunciati contenuti nella deliberazione della Giunta Regionale n. 1052 del 30 luglio 2019 e che si impegnasse a richiedere l’ampliamento a tutto il territorio nazionale, e quindi anche al Veneto, delle azioni e dei finanziamenti previsti dal Piano Operativo Legalità che nell’ultima edizione coinvolgeva esclusivamente cinque regioni del sud. Ricordiamo che tra i progetti finanziati nei cinque assi tematici che compongo il Piano compare il rafforzamento degli strumenti degli enti locali, il finanziamento di banche dati, la formazione degli operatori, il sostegno dei lavoratori vittime di sfruttamento.
Da rilevare inoltre come la Banca d’Italia nella Raccomandazione del 10 aprile 2020 abbia sottolineato il ruolo, nella valutazione dei soggetti finanziabili, delle informazioni “sugli assetti proprietari e sulle operazioni aziendali e societarie (rilevano, ad esempio, gli anomali trasferimenti di partecipazioni, le garanzie rilasciate o ricevute, lo smobilizzo di beni aziendali a condizioni non di mercato), sull’origine dei fondi e sulle effettive finalità economico-finanziarie sottostanti alle transazioni”.
A questo fine sarebbe importante che la Regione mettesse a disposizione il suo know how per facilitare meccanismi di controllo preventivo e incrociato sulle imprese anche facilitando l’utilizzo sinergico delle banche dati esistenti.