Uno splendido pomeriggio di sole ha accolto sabato 24 aprile all’ex caserma Prandina la prima assemblea cittadina che ha sancito la nascita della Rete Beni Comuni e Usi Civici di Padova, e del relativo manifesto.
Il processo di costruzione della Rete ha preso il via nell’autunno del 2020, innescato dalla Comunità per le Libere Attività Culturali (CLAC) come spazio di confronto aperto che ha messo al centro le pratiche sociali e politiche a sostegno di processi di attivazione dal basso, portati avanti in diversi spazi cittadini da associazioni e gruppi informali.
Il tema e la prospettiva dei Beni Comuni e degli usi Civici hanno permesso di avviare un percorso collettivo ed eterogeneo che ha subito coinvolto altri attori, da Casetta Berta a Piazza Gasparotto, che guardano agli spazi urbani come risorse di cui la comunità possa far uso in maniera collettiva, al di fuori delle logiche di privatizzazione e speculazione.
Questo percorso di rete è stato anche legato all’intenzione dell’amministrazione comunale di redigere un “Regolamento cittadino dei Beni Comuni”, esplicitata pubblicamente già nel programma elettorale, ma mai presentato, neppure nell’unico evento organizzato sul tema, il seminario pubblico del novembre 2020, occasione per interagire con pratiche virtuose di patti di collaborazione e forme di sperimentazione significative degli usi civici, a cominciare da Napoli, città con un significativo laboratorio sociale di democrazia partecipata.
Il pomeriggio del 24 aprile è stato il primo di una serie di eventi aperti alla cittadinanza che, nelle intenzioni della Rete, intendono dare vita a un percorso trasversale, basato sulla condivisione di pratiche concrete e di partecipazione a un laboratorio urbano di confronto e osservazione permanente su tutti i temi dei Beni Comuni.
Quale destino per l’ex caserma Prandina?
L’appuntamento al Parco Cavalleggeri ha permesso alle oltre 100 persone partecipanti di riportare l’attenzione sui destini dell’ex caserma Prandina, inclusa dal Comune come “parcheggio” nel Piano della Mobilità Sostenibile, nonostante un percorso di consultazione che aveva coinvolto circa cento associazioni: quasi tutte a favore di una destinazione d’uso che favorisse la conservazione del bosco e dello spazio verde integrato a una pluralità di attività civiche e commerciali.
La plenaria è stata quindi organizzata di proposito nel “parking” e ha permesso alle associazioni e ai gruppi partecipanti di presentarsi a vicenda. Aprendo i lavori, Francesca Incagli ha ricordato come la Rete abbia già elaborato un Manifesto – che si può leggere sul sito www.benicomunipadova.it – che vuol essere “bozza aperta a revisioni ed ampliamenti” per favorire l’interazione e la scrittura collettiva fra chi partecipa alla Rete.
Vaccino bene comune
Ha inoltre richiamato l’importanza dell’affrontare l’attuale sindemia sapendo fare comunità e del reclamare l’approccio alla cura e ai vaccini nella prospettiva dei Beni Comuni. Il riferimento è alla deroga prevista nell’articolo IX comma 3 e 4 dell’Accordo di Marrakesh che ha costituito l’Organizzazione mondiale del commercio e che prevede la possibilità di concedere una sospensione temporanea di tutti gli obblighi (contenuti nella Sezione I, Parte II dell’Accodo Trips) riguardo i diritti di proprietà su disegni industriali, brevetti e protezione di informazione non condivisa.
È in virtù di questa deroga che i centri di ricerca avrebbero la possibilità di condividere la conoscenza scientifica e di promuovere collaborazioni finalizzate allo sviluppo di nuovi prodotti per contrastare il virus, fornendo più agili risposte alla domanda di attrezzature, diagnostici e medicinali a costi inferiori, nelle regioni a basso reddito e non solo.
Una rete ampia e diversificata
La plenaria di presentazione ha visto diverse associazioni, gruppi e cittadini presentare il proprio lavoro e le proprie aspettative, rigorosamente in meno di tre minuti per permettere la circolarità degli interventi.
Ha rotto il ghiaccio il Comitato Prandina, critico su come i risultati del processo consultativo promosso dal Comune siano stati letti in funzione del parcheggio a discapito delle proposte che mirano alla promozione della salute delle persone e del corpo sociale. Il Comitato Prandina continuerà a spingere l’amministrazione a rispettare il Piano regolatore e i vincoli della Sopraintendenza ai beni artistici e culturali affinché lo spazio Prandina divenga fin da subito luogo di incontro e crocevia di esperienze.
Hanno quindi presentato brevemente la propria storia diversi attori cittadini. La Casa delle donne di Padova è attiva dal 2019 con uno spazio a disposizione delle donne e dei soggetti fragili, e per dar vita a progetti comuni. Nell’ambito della salute erano presenti l’associazione LAN e l’associazione ISDE Medici per l’Ambiente, che a Padova promuove, insieme ad altri, l’intensa attività di opposizione alla costruzione della quarta linea dell’inceneritore a Padova, così come di quello di Fusina, oggetto di una manifestazione proprio la mattina del 24.
Bruno Zanatta, “ortosocialista”, è intervenuto ricordano gli orti sociali in passato attivi nelle pertinenze dei conventi nella zona e i circa 500 orti a Padova, numero ben lontano da quello fissato nel programma elettorale di chi governa, che ne prometteva 1000. Fra gli organizzatori dell’incontro, Catai ha sottolineato l’importante gesto simbolico di riappropriazione della Prandina e l’urgenza di contrastare la lettura esclusivamente economica cui si assiste nella gestione dei beni della città. La Casa del Popolo “Rampazzo” a Mortise ha sede in una ex scuola in disuso, liberata e protetta da una speculazione che mirava a farne un condominio. Oggi ospita uno sportello sociale, un gruppo di acquisto popolare, un mercatino solidale e dei prodotti a chilometro zero, associazioni di comunità padovane.
Il Comitato Acqua Bene Comune nasce dal processo referendario del 2011 e ha dovuto registrare come già in quell’anno fosse cominciata una privatizzazione strisciante attraverso la messa in dubbio del risultato del referendum. In ambito culturale ed educativo sono stati presentati i percorsi di Accademia Errante e della CLAC, Comunità Libere Attività Culturali, forti di quarant’anni di attività sugli spazi urbani come luoghi di educazione ambientale e beni comuni, a partire dall’ex macello di via Cornaro, sede da cui è stata sgomberata malamente a gennaio 2020.
Chi ha ritrovato una sede all’Arcella (dopo lo sgombero di uno stabile abbandonato dell’Ater precedentemente occupato) è la Casa del Popolo Berta Caceres che promuove mutualismo, solidarietà e supporto a partire da forme di condivisione di problemi e relazioni in contesti di autogestione dal basso e di rivendicazioni collettive. La gestione dal basso è al centro delle attività del Circolo Nadir e dei gruppi attivi in Piazza Gasparotto, che lottano contro all’abbandono di quell’area.
Nel quartiere Savonarola, in zona Palestro, opera Quadrato meticcio, con la gestione di un campo sportivo di proprietà del Comune, a dimostrazione che “le cose si possono cambiare dal basso, anche in chiave aggregativa, uscendo dalla logica del campo ‘agonistico’, a favore di una logica di ‘apertura alla cittadinanza’”. Lo stesso quartiere vede iniziative collettive in Corte Via Melette, edilizia popolare del 1933 (e quindi non vendibile fino al 2033), dove si stanno realizzando un forno e un orto idroponico, ed è stata costruita una casetta per gli attrezzi. La corte è una delle tappe delle distribuzioni di cibo di Cucina Brigante che come Food Not Bombs promuove il recupero e la distribuzione di frutta, verdura, pane e altri cibi come momenti di aggregazione cittadina.
Due obiettivi, tre tavoli
Francesca Incagli ha concluso l’introduzione ricordando i due obiettivi dell’assemblea:
- premere per arrivare all’approvazione di un regolamento sui beni comuni e gli usi civici evitando che resti poi solo una dichiarazione di intenti;
- aprire in città uno spazio di discussione e approfondimento per promuovere il contrasto alle speculazioni edilizie, mettendo insieme esperienze che si riconoscono nell’orizzonte dei beni comuni. A questo proposito, i partecipanti si sono raggruppati in tre tavoli di lavoro tematici su acqua, usi civici e Prandina.
Tavolo Prandina
In merito allo spazio Prandina, è stato condiviso un progetto di recupero e rigenerazione dell’area che parte da due principali considerazioni:
- l’assoluta priorità di ridurre l’inquinamento: Padova è tra le città d’Europa con la peggiore qualità dell’aria;
- la fortissima carenza di verde pubblico nel centro storico della città, soprattutto nella parte occidentale.
Nel contesto delle richieste di nuovi parcheggi che hanno inondato le pagine dei giornali, è da notare che Padova ha già una buona dotazione di parcheggi (Piano Urbano della Mobilità Sostenibile, pag. 53).
La rigenerazione delle aree dell’ex caserma Prandina risponde:
- alla necessità di ritrovare uno stretto rapporto con la memoria, la natura e la storia dei luoghi;
- all’ esigenza di dar vita, come previsto dalle norme del Piano Regolatore, a un parco urbano, a un esteso polmone verde, essenziale per ridurre i livelli di inquinamento urbano garantendo la permeabilità dei suoli e contrastando i fenomeni di surriscaldamento estivo;
- alla stretta integrazione del parco della Prandina con il Parco delle Mura e delle Acque, eliminando il traffico veicolare attualmente convogliato in via Orsini;
- alla concezione di unità funzionale e paesaggistica di tutto il settore compreso tra il Tronco Maestro e le Mura cinquecentesche, con il ripristino di agevoli collegamenti pedonali con le riviere, il borgo di via Savonarola e le Piazze del centro;
- alla costruzione di un’identità e di un’immagine urbana fortemente attrattive: identità ed immagine che potranno derivare dalla qualità degli interventi progettati, ma anche dalla molteplicità di attività e di usi che vi saranno previsti.
Gli obiettivi sono:
- creare un centro di aggregazione sociale inserendovi attività commerciali, culturali e ludiche in un ambiente caratterizzato da un’importante vegetazione arborea;
- aumentare la superficie alberata nel centro storico: le aree destinate a verde pubblico nel centro storico di Padova (4,9 mq/ab), sono pesantemente inferiori agli standard minimi previsti dalle norme regionali (7,5 mq/ab);
- collegare l’area Prandina con il Parco delle Mura e delle Acque in un continuum sia fisico che funzionale;
- costituire un primo esperimento di parco urbano con funzioni analoghe alle “Piazze”, da riproporre nei quartieri, creando nuovi centri di rivitalizzazione in cui le persone possano riconoscere la propria appartenenza e radicamento.
Questi obiettivi sono raggiungibili in fasi successive che possono iniziare immediatamente e che, con costi limitati, possono mettere a disposizione della città gli spazi esterni dell’ex caserma Prandina, mettendo in risalto le potenzialità di quest’area per il benessere di tutti.
È stato illustrato il progetto che, nelle sue fasi successive di realizzazione, porterebbe a una configurazione finale che prevede:
- a nord un’area dedicata alle attività sociali, culturali e ludiche, la sala Cavalleggeri, l’Urban Center e la casa delle Associazioni, che utilizzano gli edifici ristrutturati;
- una parte centrale dedicata al piccolo commercio e al ristoro (una sorta di “Salone”), e una sala per esposizioni d’arte, in cui tutti gli edifici prospettano sul passaggio ciclopedonale e sulla parte più ampia del parco;
- un’area più meridionale dedicata all’attività agricola sperimentale urbana e all’importante boschetto spontaneo, un prezioso ecosistema caratterizzante la biodiversità.
Quali prospettive di azione? Ci saranno a breve scadenze istituzionali che riguardano il nuovo Piano degli Interventi (PI), e il Piano per la Mobilità Sostenibile (PUMS).
L’attuale PI scadrà il 31 maggio ed è necessario che nel prossimo Piano la destinazione urbanistica dell’area Prandina rimanga “Verde Pubblico Attrezzato” come nel vigente PI. Il PUMS è stato adottato dalla Giunta, ma deve ancora essere approvato dal Consiglio Comunale: è necessario che dallo scenario di riferimento venga eliminata la destinazione a parcheggio (paragrafo 6.2.4 tab. 6.4) e che dalla tavola SP 07 figura 8.11 dello scenario di piano venga cancellata l’icona di “Parcheggio in struttura Parcheggio Prandina” (paragrafo 8.5.1).
È quindi necessaria una mobilitazione per raggiungere questi obiettivi che metterebbero in sicurezza il Parco, attraverso manifestazioni di sensibilizzazione e azioni rivolte alla stampa.
Tavolo Usi civici
Il tavolo “Cosa sono gli Usi Civici” ha tentato di approfondire dal punto di vista teorico, giuridico e politico le caratteristiche degli usi, la loro definizione e il loro inquadramento storico a partire dal terzo secolo fino ai giorni nostri.
Il tentativo è stato quello di creare un laboratorio interattivo, a partire dalla proposta di domande ai partecipanti, cercando di stimolare la discussione tra tutti e tutte.
La variegata composizione del tavolo è riuscita a dare un contributo molto diversificato e al contempo competente sul tema degli usi civici, partendo dalle esperienze personali dei partecipanti, passando dall’archeologia, per arrivare alla storia e al diritto. Delineando un percorso che è riuscito a definire meglio i contorni della disciplina degli usi.
Un punto piuttosto approfondito è stato la differenza tra gli usi civici, definiti storicamente, e la teoria dei beni comuni, anche alla luce dei recenti tentativi di inquadrare la disciplina all’interno del contesto normativo attuale: dalla convenzione di Faro, recentemente ratificato dall’Italia, per arrivare ai lavori della cosiddetta commissione Rodotà per la modifica delle norme del codice civile in materia di beni pubblici.
Infine, il tavolo si è concentrato sull’applicabilità dei principi dei beni comuni, e in particolare degli usi civici, rispetto all’attuale situazione di Padova, concentrandosi sul nascente regolamento sui beni comuni che dovrebbe essere presentato alla città, ragionando sui limiti e sulle richieste di modifiche dal basso che la Rete porta avanti da mesi.
Questo ha rappresentato uno snodo interessante, in quanto sono emerse divergenze e punti di vista molteplici relativi a come sia possibile attuare concretamente un regolamento sui beni comuni che esca dalla logica della cosa pubblica o privata.
Si è parlato dunque di: passare all’azione, costruire strumenti partecipativi che consentano alla cittadinanza di avere voce nelle scelte comunali, possibili di conflitti relativamente all’utilizzo di un luogo, volontà politica, costruire obiettivi terzi.
Il tempo a disposizione non ha permesso un’esaustiva indagine sulle proposte territoriali ma, ciononostante, l’esperienza ci ha permesso di aprire un dibattito finora assente in città. Sperando non sia l’ultimo.
Tavolo Acqua
In merito alle lotte per l’acqua bene comune, si è osservato come una rete dei beni comuni possa essere un mezzo affinché la tematica non rimanga uno slogan, ma aiuti il movimento dell’acqua nella sua lotta verso la ripubblicizzazione della gestione del Servizio Idrico Integrato e l’eliminazione del profitto dalla tariffa.
Va cambiata una situazione che a livello nazionale vede la non applicazione della vittoria referendaria e la legge nazionale sull’acqua ferma in Parlamento, a livello internazionale vede l’acqua quotata in borsa come una merce qualsiasi, e a livello locale, a Padova, la proposta di deliberazione popolare votata da tutta la maggioranza di “sinistra” il 28/1/2019 dimenticata e messa in un cassetto, nonostante i presidi e gli incontro organizzati dal Comitato 2SI Acqua Bene Comune di Padova.
La delibera deve essere applicata e vogliamo sapere i passaggi concreti attuati finora relativamente ai 4 punti:
- l’acqua non può essere “staccata”, ma solo ridotta nel flusso, e la fornitura giornaliera essenziale per la vita deve essere garantita (50 litri a persona al giorno);
- la tariffa deve essere resa più equa, applicando gli scaglioni dopo aver diviso il consumo per i componenti del nucleo famigliare e senza aumento per nessun utente;
- si deve andare verso la creazione di un fondo di riserva a sostegno delle utenze disagiate, alimentato dall’utile di esercizio di AcegasApsAmga;
- la copertura delle bollette delle utenze disagiate deve essere completata, attraverso i dividendi di Hera che il Comune di Padova riceve ogni anno in qualità di socio.
I comitati per l’acqua chiedono un incontro con il Vicesindaco e delegato presso il Consiglio di Bacino Bacchiglione Andrea Micalizzi e con l’Assessora ai Servizi Sociali Marta Nalin. In assenza di risposte positive ed esaurienti, la cittadinanza dovrà lottare nei posti e nei modi adeguati, additando e denunciando chi non vuole questi 4 punti di alto contenuto sociale e politico.
Al 12-13 giugno, a 10 anni dalla vittoria referendaria, si intende arrivare, come rete di movimenti per i beni comuni, con scadenze di lotta per dire basta e far capire alla giunta patavina che i movimenti per l’acqua pubblica non si fermeranno di fronte ai muri di gomma.
Sabato 8 maggio, al Parco Iris, è previsto un primo appuntamento di lotta contro la costruzione della quarta linea dell’inceneritore.
Ulteriori appuntamenti sono previsti in luoghi chiave, per esempio l’ex macello di via Cornaro, per rilanciare attività ed approfondimenti. Fra questi, uno sfalcio autogestito dell’erba incolta nell’area Prandina a ribadire la volontà di riappropriazione dal basso dei beni comuni.