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Diritto al cibo: una proposta per le politiche urbane

Pane. Foto di Sergio Arze / Unsplash

di Gianni Belloni, Chiara Spadaro – novembre 2023

Il diritto al cibo “adeguato” si tutela a partire dalla dimensione locale. È la prospettiva da cui vorremmo affrontare il tema del diritto al cibo a Padova con Maria Bottiglieri, giurista del Comune di Torino, durante l’incontro organizzato per giovedì 30 novembre 2023 (alle 17.30, nella sala delle genti di via del Commissario 40, a Padova, appunto), dalla Fondazione La casa onlus, in collaborazione con Lies (qui il modulo per iscriversi gratuitamente).

Il dibattito – al quale invitiamo tutte le realtà padovane, e non solo, impegnate in diversi modi per la costruzione di un modello alimentare giusto e sostenibile – ha anche una prospettiva concreta, nel provare a capire insieme a Bottiglieri se può avere un senso l’introduzione nello Statuto del Comune di un articolo che preveda il diritto al cibo.

Per introdurre l’incontro del 30 novembre, condividiamo alcune riflessioni, sperando di poter poi proseguire insieme il confronto.

È il 5 febbraio 1990 quando viene votata, unanime, la “revoca dell’assunzione del servizio Panificio comunale e relativa soppressione dell’Azienda municipalizzata” dal Consiglio comunale di Padova – il Sindaco è Paolo Giaretta, della Democrazia Cristiana. Non si registra allora nessun dibattito di rilievo, né dentro né fuori dall’aula, e nel silenzio si chiude, dopo ottant’anni di onorato servizio, il servizio pubblico di panificazione.

Eppure, le deliberazioni 172 e 187 del 1° e 15 luglio 1910, in cui “il Consiglio comunale provvedeva all’istituzione di un’Azienda speciale finalizzata alla produzione del pane”, rappresentavano il frutto di una fortissima mobilitazione popolare avvenuta dieci anni prima, in risposta alla crisi che attanagliava le classi popolari e alle resistenze della classe dirigente liberal-conservatrice che governava la città. Sono i moti del 1898, che ebbero come conseguenza politica l’avvento di una classe dirigente di orientamento socialista alla guida della città di Padova e, sul campo delle politiche, il varo di una serie di provvedimenti di welfare, quali l’istituzione dell’azienda municipalizzata per la panificazione, che aveva come obiettivo principale il calmierare i prezzi del pane.

In quegli anni, esperienze simili fioriscono in tutta Europa; si va affermando infatti un vero e proprio movimento municipalista europeo: una corrente di pensiero e di azione che poneva al centro il governo locale come luogo privilegiato dove attuare trasformazioni profonde nella società e nell’economia, quello che venne anche chiamato “socialismo municipale” (Dogliani, Gaspari, 2003). Il movimento venne anche formalizzato con l’istituzione dell’Union Internationale des Ville (Uiv) nel 1913, formato dalle personalità – amministratori e tecnici – legate al governo urbano. L’attenzione principale fu rivolta alla municipalizzazione dei servizi a rete – acqua e gas – e alla gestione urbanistico-territoriale, oltre che al lavoro più propriamente politico di valorizzazione delle autonomie territoriali. Ma non manca un’attenzione anche alla fornitura di beni di prima necessità, come il pane, appunto. E la nascita della azienda municipalizzata padovana per la panificazione avviene all’interno di quella temperie culturale, tant’è che oltre a quella di Padova nascono, in Italia e in quegli anni, diverse altre esperienze analoghe: da Bologna a Catania, da Cortina a Cremona, da Rovereto a Ferrara.

 Una riedizione dell’intervento comunale nel settore alimentare si ha all’indomani della Seconda guerra mondiale, con l’istituzione nel 1946, decisa a livello nazionale con un decreto-legge, degli Enti comunali di consumo destinati al rifornimento alimentare delle famiglie indigenti. Questi Enti verranno soppressi formalmente solo negli anni Novanta, quando era ministro Renato Brunetta, anche se generalmente erano inattivi già da tempo.

La soppressione, nel 1990, del panificio comunale di Padova avviene in tutt’altro clima rispetto a quando fu istituito: spira il vento del neoliberismo per cui, quasi per incantamento, ci si persuade che la società può funzionare meglio, costare meno, presentare minor problemi, essere più efficace ed efficiente qualora sia governata in ogni momento dai principi di una razionalità economica e strumentale. Lo stesso anno, con la promulgazione della legge 142/90 – che all’articolo 22 prevede la possibilità per i servizi pubblici locali di utilizzare la società per azioni a maggioranza pubblica del capitale –, si creano le premesse per il lungo processo di privatizzazione dei servizi pubblici locali.

Si tratta di un’evoluzione dell’economia morale, un cambiamento nella visione dei rapporti economici, citando Edward Thompson: agli inizi del ‘900 l’accesso al cibo, e più in generale a beni come l’acqua corrente e l’energia elettrica, sono assicurati dai pubblici poteri e non lasciati alla mercé delle fluttuazioni di mercato come accaduto invece all’alba del nuovo secolo (Thompson, 2009).

Come contrappunto di tale nuova visione delle cose, si afferma, dal dopoguerra in poi, il diritto al cibo adeguato in un centinaio di Costituzioni (Bottiglieri, 2017). Tale diritto, secondo la definizione coniata da Jean Ziegler, primo relatore speciale dell’Onu sul tema (si veda ohchr.org/en/special-procedures/sr-food), è inteso come il diritto di ogni essere umano “ad avere un accesso regolare, permanente, libero, sia direttamente sia tramite acquisti monetari, a cibo quantitativamente e qualitativamente adeguato e sufficiente, corrispondente alle tradizioni culturali della popolazione di cui fa parte il consumatore e in grado di assicurare una vita psichica e fisica, individuale e collettiva, priva di angoscia, soddisfacente e degna”.

Partendo da questa definizione, Stefano Rodotà ha osservato come il diritto al cibo si sia quindi evoluto da “diritto costruito attorno ai più svantaggiati a diritto che investe nel suo insieme la condizione umana”. E aggiunge che la strategia per il suo riconoscimento ha preso in considerazione “il modo di produzione degli alimenti: affidato soltanto ad un’economia ‘turbocharged’ supercapitalistica, oppure rispettoso dei diritti di tutti i produttori e consumatori”, sposando così l’articolo 41 della Costituzione italiana, dove si afferma che l’iniziativa economica privata “non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana” (Rodotà, 2013, p. 486). Il diritto al cibo, seguendo l’indicazione di Rodotà, se non interpretata in chiave riduzionista di semplice accesso al cibo, diviene uno strumento per contrastare la trasformazione delle persone in consumatori passivi.

Ma oggi il cibo è destinato a tornare nelle tavole del dibattito urbano: nel 2015 il Milan Urban Food Policy Pact viene sottoscritto da 260 città di tutto il mondo. Si tratta di un patto internazionale che impegna i Sindaci a lavorare per rendere sostenibili i sistemi alimentari, garantire cibo sano e accessibile a tutti, preservare la biodiversità, lottare contro lo spreco. Le politiche urbane del cibo divengono sempre più un tema ricorrente nella letteratura scientifica, così come nelle pratiche sovente sollecitate e praticate dalla società civile. “Azioni concertate da parte delle amministrazioni cittadine per rispondere alle sfide legate al cibo, che emergono attraverso un significativo coinvolgimento della società civile e di altri attori” è la definizione di food policy fornita dal Centro di ricerca indipendente Ipes Food (ipes-food.org). 

E anche a Padova qualcosa si muove: nel settembre 2023 viene formalizzata l’istituzione un gruppo di lavoro intersettoriale per la formulazione di linee d’intervento di una politica del cibo cittadina, anche in seguito a una ricerca sul tema finanziata dall’Amministrazione comunale e realizzata dall’Università di Padova (Belloni, Graziano, Spadaro, 2023). La dimensione locale è, in effetti, decisiva: “La chiave per la transizione è quella di ricostruire i sistemi alimentari locali – sottolinea Olivier De Schutter, altro relatore speciale Onu per il diritto al cibo –, decentrare i sistemi alimentari, renderli più flessibili, ma anche creare collegamenti tra le città e il loro hinterland rurale, a vantaggio sia dei produttori locali sia dei consumatori”.

Ci sarebbe però da chiedersi se l’avvento di questa nuova stagione di politiche urbane sul cibo potranno aspirare a sottrarre al mercato il monopolio nella regolazione del sistema di approvvigionamento, e sostenere il superamento di una visione della città come organismo scisso dai luoghi della produzione e deresponsabilizzato nei confronti degli equilibri ecosistemici. O se invece queste politiche si assesteranno all’interno di cornici date, spigolando ai margini del sistema attuale di approvvigionamento del cibo.

Serve oggi mettere al centro delle politiche urbane non tanto il cibo, ma il diritto al cibo come ha sottolineato efficacemente Maria Bottiglieri. Questo implicherebbe un cambiamento di prospettiva, un ritorno a quella economia morale che ha portato all’istituzione del panificio comunale padovano nel 1910: pensando cioè al cibo non come merce, ma come bene comune, sottratto alle logiche del mercato, e lavorando alla costituzione di un sistema locale territoriale intenzionato ad acquisire autonomia e controllo del proprio sviluppo.

Piccola bibliografia per approfondire

Belloni, G., Graziano, P., Spadaro, C. (2023), Report “Azioni preliminari all’avvio di una politica del cibo nel comune di Padova. Le esperienze locali di contenimento dello spreco di cibo”, Dip.to di Scienze politiche, giuridiche e studi internazionali, Università di Padova

Bottiglieri, M. (2017), “Il diritto al cibo in città. Senso e possibilità”, JUNCO – Journal of Universities and international development cooperation, n. 1/2017, pp. 388-393

Bottiglieri, M., Pettenati, G., Toldo, A. (2016), Toward Turin Food Policy. Good Practices and Visions. Milano, Franco Angeli

Dogliani, P., Gaspari, O (2003, a cura di), L’Europa dei Comuni dalla fine dell’Ottocento al secondo dopoguerra, Roma, Donzelli

Rodotà, S. (2013), Il terribile diritto. Studi sulla proprietà privata e i beni comuni. Bologna, Il Mulino

Thompson, E. (2009), L’economia morale, Varese, et al

Foto di Sergio Arze su Unsplash

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