Pubblichiamo un intervento di Sergio Lironi, presidente onorario di Legambiente Padova, sul progetto di ampliamento dell’hub logistico di Alì a Granze di Camin, Padova.
Sul tema abbiamo già pubblicato:
Il polo logistico a Granze di Camin: un progetto che scardina principi e strategie della pianificazione urbana
di Sergio Lironi
Il progetto del nuovo polo logistico della Grande Distribuzione a Granze di Camin è stato presentato all’amministrazione comunale seguendo l’iter procedurale dello Sportello Unico per le Attività Produttive (Suap), anche al fine di ottenere una apposita variante urbanistica al Piano degli Interventi. La richiesta veniva motivata dal fatto che nel Piano di Assetto Territoriale (PAT) del Comune alcune frecce individuano l’area in oggetto tra quelle potenzialmente interessate dalle “Linee preferenziali di sviluppo insediativo produttivo”.
Agli uffici tecnici del Comune la motivazione è apparsa sufficiente per l’avvio del procedimento e per la convocazione della Conferenza dei servizi decisoria, che si è conclusa con l’adozione della variante richiesta: adozione che però dovrà essere sottoposta all’approvazione finale del Consiglio Comunale.
Alla luce delle direttive emanate dalla Regione Veneto nel gennaio 2015 ed alla luce della sentenza del TAR Veneto, pubblicata il 22 maggio 2023 con riferimento ad un caso per molti aspetti analogo relativo al Comune di Zevio (VR), il procedimento seguito e la motivazione addotta appaiono sin dall’inizio carenti, erronei nel merito e quindi sostanzialmente illegittimi.
I due aspetti principali messi in luce dalla sentenza del TAR, che ha annullato la variante approvata dal Comune di Zevio, riguardano in particolare l’iter istruttorio seguito ed il riferimento alle linee di sviluppo preferenziale previste dal PAT, richiamate dal Responsabile del procedimento di Zevio per dichiarare ammissibile la richiesta di variante urbanistica finalizzata anche in questo caso alla realizzazione di un nuovo polo logistico.
Osserva infatti il TAR che le previsioni del PAT, approvato in tempi precedenti, si devono ritenere superate a seguito della legge regionale 14/2017 sul consumo di suolo “… che ha introdotto prescrizioni più rigorose nella pianificazione di nuovi interventi al fine di raggiungere l’obiettivo finale di zero consumo di nuovo suolo”. Prescrizioni che, afferma sempre il TAR, trovano rispondenza nel più recente Piano degli Interventi.
Ma soprattutto il TAR contesta al Comune di Zevio la carenza di un’istruttoria condotta secondo i principi e le indicazioni della richiamata circolare regionale del 2015 relativa alle procedure Suap. Una direttiva regionale che esplicita con chiarezza il principio del prevalente interesse collettivo nella definizione delle previsioni urbanistiche ed il principio che eventuali variazioni agli strumenti urbanistici richieste da soggetti privati non possono essere in contrasto con i più generali indirizzi strategici della pianificazione vigente.
Sempre la Regione Veneto mette l’accento sulla necessità di valutare attentamente l’impatto che la nuova attività potrà determinare sul territorio agricolo, con particolare attenzione anche per l’eventuale presenza di edifici rurali, affermando che: “L’istruttoria finalizzata all’avviamento del procedimento dovrà quindi argomentare in merito alla convergenza tra l’interesse privato e gli interessi pubblici coinvolti, tra cui, nell’ottica del contenimento del consumo di suolo, l’interesse pubblico al recupero del patrimonio edilizio rurale esistente e, nel contempo, al rispetto ed alla tutela della peculiarità del territorio agricolo”.
Nel caso di Padova, ancor più che nel caso di Zevio, di questa doverosa istruttoria preliminare nel verbale della Conferenza dei Servizi non vi è traccia. Eppure, in tutti gli strumenti della pianificazione territoriale e urbanistica appare estremamente chiara l’indicazione di valorizzare l’area oggetto dell’intervento in quanto area rurale.
Non risulta inoltre che nella Conferenza si sia fatto cenno alla presenza all’interno dell’area di un edificio rurale di indubbio valore architettonico e testimoniale, che si sarebbe dovuto salvaguardare, ma del quale il progetto prevede la demolizione.
Il Piano Territoriale Regionale di Coordinamento (PTRC) destina l’area ad “Agricoltura periurbana”, le cui finalità prioritarie, indicate all’articolo 8 delle Norme Tecniche, sono quelle del ripristino del prevalente uso agrario delle aree, prevedendo il recupero dei manufatti storici e degli elementi multiformi del paesaggio agrario, nonché della promozione di aziende agricole multifunzionali orientate ad un utilizzo ambientalmente sostenibile del territorio rurale.
Il Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (PTCP) individua l’area come parte costitutiva di uno dei “Corridoi ecologici principali” a scala provinciale, ovvero come un ambito lineare tutelato e destinato a svolgere un essenziale ruolo di connessione tra le “aree sorgente” e nel contempo come luogo in cui avviare una possibile “ricolonizzazione del territorio antropizzato”.
Il progetto del nuovo polo logistico è d’altra parte chiaramente incompatibile sia con le indicazioni del Piano del Verde e dell’Agricoltura Urbana, approvato nel marzo 2022, sia con le strategie e le prescrizioni del Piano degli Interventi, approvato nel marzo 2023, che classifica l’area come “E1, zona agricolo-paesaggistica”, ovvero come territorio in cui assumono rilevanza primaria “…la tutela e la valorizzazione delle risorse naturali e dell’ambiente e la promozione di un’agricoltura multifunzionale e generatrice di servizi ecosistemici”.
Non solo. Persino il PAT, nella cui cartografia – riprese dal Piano intercomunale (PATI) – compaiono le famose frecce indicanti le “linee preferenziali di sviluppo insediativo”, ne nega di fatto, con l’articolo 11.2.4 delle Norme tecniche, l’applicabilità in questo ambito urbano.
Le norme stabiliscono infatti che la localizzazione dei nuovi insediamenti residenziali/produttivi, compatibilmente con gli obiettivi definiti dall’Amministrazione, dovrà in fase di elaborazione del P.I., seguire precisi criteri di scelta prioritaria, tra i quali in particolare quello che le aree trasformabili non siano più funzionali alle produzioni agricole e che si evitino gli spazi verdi esistenti programmati con funzioni di cinture verdi intorno alle conurbazioni.
A tal fine, allegata al PAT, vi è una apposita tavola strategica denominata “La Città che respira”, che fornisce i criteri e le linee fondamentali per la realizzazione del sistema del verde urbano da attuarsi con il Piano degli Interventi. In questa tavola l’area in oggetto è chiaramente individuata come parte essenziale della cintura verde periurbana con funzione di tessuto connettivo città-campagna.
Ora la decisione definitiva spetta al Consiglio Comunale che, come afferma una nuova sentenza del TAR veneto pubblicata il 4.07.2023, «… conserva intatto il suo potere di pianificazione urbanistica, anche a fronte del positivo esito della conferenza dei servizi, prevista dall’art. 4 della l.r. n. 55 del 2012 …».
«L’eventuale esito positivo della conferenza di servizi – scrive sempre il TAR – non è, dunque, in alcun modo vincolante per il Consiglio comunale, il quale, siccome, organo titolare della potestà pianificatoria, resta pienamente padrone della propria autonomia e discrezionalità potendo discostarsi dalla proposta di variante e respingerla senza alcun dovere di motivazione puntuale o ‘rafforzata’, in quanto l’esito della conferenza non comporta il sorgere di alcun affidamento né di aspettative qualificate in capo al proponente, essendo la determinazione conclusiva della conferenza qualificabile come mera ‘proposta di variante’».
22 dicembre 2023
Foto: Granze, il retro del magazzino Alì da via Ruffina (Google Maps)