Riceviamo e pubblichiamo una lettera di Adriano Menin, sul tema del consumo di suolo a Padova.
Nel turbinio dei grandi lavori che si susseguono e accavallano a Padova città e nel suo territorio circostante, c’è una costante che sembra passare del tutto inosservata, non discussa, ignorata: la sparizione di ampie porzioni di terreno verde.
Tutto sembra normale: dopo decenni di cementificazione, allarmi e polemiche, persino gli interventi PNRR (per ultimi) hanno dato ulteriore impulso all'”Urbs PIcta” di color grigio-calestruzzo e nero-asfalto che conosciamo.
Dove vogliamo arrivare? C’è qualcuno che tiene conto (a parte Google Maps) della quantità di suolo che sparisce anno dopo anno, mese dopo mese, giorno dopo giorno? Qual è l’obiettivo finale, il limite, la previsione?
Nel frattempo che ci si arrovella (giustamente) per il Parco delle Mura e la Prandina, prosegue senza sosta l’infernale rullo “mangia-suolo” della Giunta Giordani, impegnata a spendere i finanziamenti europei il più in fretta possibile senza tante storie.
I lavori per il Tram (SIR 2 e SIR 3) con i parcheggi e accessori e le ulteriori proposte di ampliamento lavori (vedi articolo di Claudio Malfitano su Il Mattino del 24 luglio per un collegamento ciclabile Brusegana-rotonda “monstre” su via Pelosa su proposta “geniale” dal capogruppo PD Berno) si tradurranno in una fagocitazione enorme di terreno vergine agricolo, alla faccia dell’allarmante consumo di suolo tante volte deprecato (ma solo dopo ogni alluvione).
Un “tassellone” gigantesco nel mosaico del territorio comunale massacrato e immolato ad un falso sviluppo, spacciato per intervento salvifico contro il traffico. Tutte balle, lo sanno anche i polli che il traffico rimarrà quello di sempre (le macchine non verranno bloccate in città, il tram circolerà immerso in un fiume di auto) e nel frattempo le ultime aree verdi circostanti se le fotteranno gli speculatori in trepida, lungimirante attesa (è solo questione di tempo).
Adriano Menin
In copertina: Cantiere. Photo by Matt Seymour / Unsplash